Relatore Marco Dussin / @marcodussin
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Panoramica
dall'ergonomia cognitiva
allo user experience design
per una progettazione
centrata sull’utente
Mostri contro Alieni
...anzi, disegnamoli!
Il termine "Ergonomia" è stato usato per la prima volta da Wojciech Jastrzębowski in un giornale polacco nel 1857
Nel 1949 lo psicologo K. F. H. Murrell diede al termine il significato attuale:
Integrated Safety Management, Berkeley Lab
Donald Norman: La caffettiera del masochista. Psicopatologia degli oggetti quotidiani, Giunti, 1988
I principi che un buon design dovrebbe seguire sono:
Esercizio: "la mia automobile"
Tutte le parti funzionali devono essere visibili e devono fornire il messaggio corretto su quello che si può fare
Le relazioni tra ciò che vogliamo fare e le parti dell'oggetto su cui agire devono essere evidenti.
Il numero delle funzioni disponibili non deve superare eccessivamente il numero dei comandi utilizzabili
Esercizio: "i miei fornelli"
Mapping significa correlazione tra la configurazione dei comandi disponibili per un dato oggetto e la configurazione delle parti di tale oggetto in cui si manifestano i risultati prodotti
...senza obbligare l'utente a sforzi mnemonici o a procedere "per tentativi"
Powerseat di una Mercedes-Benz E320 BLUETEC del 2008
Bisogna prestare particolare attenzione ai modelli culturali consolidati degli utenti
Esercizio: "la mia porta"
Forbice Professionale K-Active Taping
Vincoli e inviti possono essere fisici, semantici, culturali o logici
Esercizio: "il mio interruttore della luce"
Pemettere all'utente di capire immediatamente, in modo sincronizzato, quale conseguenza ha seguito la sua azione, perchè possa verificare se è stata effettuata secondo le sue aspettative.
Se l'azione non può essere percepita, sono buoni sostituti a tale percezione i suoni, i colori, i cambiamenti di forma negli oggetti...
Esercizio: "le carte da gioco"
Progettare interfacce affinchè permettano simili operazioni ed utilizzino comandi simili per compiere compiti simili.
Permette all'utente di trasferire velocemente la conoscenza già acquisita a nuovi contesti e concentrarsi quindi sulle operazioni di rilievo.
Può essere controproducente.
Ci sono 4 tipi di consistenza:
estetica (es: riconoscere una "Mercedes" da una "BMW") funzionale (es: i colori del semaforo) interna (es: le segnalazioni dei sentieri di montagna) esterna (es: le interfacce dei programmi per un dato sistema operativo)Esercizio: "il mio termostato"
Interagendo con un sistema (software o di altro tipo), una persona si costruisce nella testa un concetto mentale di che cosa il sistema e i suoi componenti siano, che proprietà abbiano e quali siano le interazioni possibili con essi. E' quindi la struttura delle convinzioni che una persona ha rispetto al modo in cui funziona una certa cosa.
Abbiamo bisogno di complessità anche quando desideriamo semplicità
Esercizio: le funzioni del cellulare
La complessità è cerimonia e rituale, e il rituale dà il senso di appartenenza a una data cultura
E' compito del progettista dare alle persone modelli concettuali appropriati.
Ad esempio nel computer:
Comunicazione tra essere umano e un sistema (ad esempio un computer: HCI)
Lo scopo è la progettazione e lo sviluppo di sistemi interattivi che siano usabili, affidabili e che supportino e facilitino le attività umane.
modelli di interazione ergonomia stili di interazione contesto sociale, organizzativo e motivazionaleDonald Norman stabilisce 7 stadi dell'azione:
L'utente stabilisce lo scopo L'utente formula l'intenzione L'utente specifica le azioni da compiere tramite l'interfaccia Il sistema esegue l'azione L'utente percepisce lo stato del sistema L'utente interpreta lo stato del sistema L'utente valuta lo stato del sistema rispetto allo scopoEsecuzione e valutazione sono in un loop continuo
Secondo Norman alcuni sistemi sono più difficili da usare di altri perchè ci si trova ad annaspare nell'attraversare:
Gli psicologi, come James Reason, che hanno tenuto dei cosiddetti "diari cognitivi" di ogni proprio errore, anche il più banale, hanno messo in evidenza come commettiamo errori sistematicamente e quotidianamente.
Possiamo distinguere tra due tipi di errore:
Gli slip sono errori di esecuzione, mentre i mistake sono errori di pianificazione. Lo slip può essere risolto con un migliore design dell'interfaccia, il mistake con una migliore comprensione del sistema.
Capture Slip: andare al lavoro di sabato anzichè a casa
Omission Slip: non spedire una mail lasciata in sospeso
Loss of Activation Slip: scendere in garage e non ricordare perchè
Description Slip: strisciare la carta di credito nella porta dell'albergo anzichè la chiave
Associative Activation Slip: cercare di fare lo zoom con due dita sul vecchio tom tom
Perceptual Confusion Slip: lavarsi le mani con il gel per capelli
Reverse Schema Slip: buttare il portafoglio e tenere lo scontrino
Cross-talk Slip: iniziare un documento in inglese e finirlo in italiano
Un luogo comune da sfatare è che rendendo le tecnologie che usiamo sempre più pervasive e automatiche, ci proteggiamo dai rischi di errori. Ci sono delle situazioni, per le quali la psicologa Lisanne Baindbridge ha coniato il termine di «ironie dell'automazione» [http://j.mp/ironies], dove può accadere il contrario.
Gli stili di interazione sono strettamente legati ai modelli. Assieme sono la colla che tiene uniti i sistemi, definendo il modo in cui tutti i sottosistemi si relazionano l'un l'altro.
Ad esempio in MS Word lo stile e modello di interazione è quello di essere davanti ad una macchina da scrivere con un foglio inserito. Si possono fare molte più cose che con una semplice macchina da scrivere, ma il modello sottostante rimane fermamente quello.
Excel riflette il modello di un commercialista che mette in riga e colonna i conti, Powerpoint quello di una serie di lucidi messi sul proiettore uno dopo l'altro.
Essere sicuri che qualcosa funzioni per bene, e che una persona di media abilità o esperienza la possa usare per lo scopo per cui suppone sia stata progettata senza esserne inevitabilmente frustrata
In modo evidente ed autoesplicativo
Il non dedicare abbastanza attenzione da parte del progettista nel rendere le cose "ovvie" mina la fiducia che si instaura tra lui e gli utilizzatori
Gran parte degli utilizzatori di un applicativo o di un sito web lo fanno perchè il suo utilizzo dovrebbe permettere loro di risparmiare tempo. In particolare gli utilizzatori di un sito web sono continuamente in movimento di pagina in pagina
Il pulsante "back" è uno dei più utilizzati e dovrebbe essere usato per permettere all'utente di ritornare sui propri passi in caso di errore in modo agevole e intuitivo
Quando scopriamo una cosa che funziona, tendiamo a ripeterla. E se anche lo fa in un modo che non è il migliore dei modi, siamo pigri nel cercarne un altro. Ma se ci imbattiamo in una modalità migliore, spesso abbandoniamo il modo di fare precedente per sempre
Un applicativo dovrebbe permetterci di arrivare subito al sodo, senza troppe smancerie e messaggi roboanti ed euforici
Molti utenti preferiscono sempre l'approccio ai sistemi basato sulla ricerca. Sono utenti simili a quelli che, appena entrati in un negozio, hanno bisogno di interpellare subito il primo commesso disponibile
Affinchè io possa sempre riprendere il mio cammino da dove ero arrivato e non debba continuamente chiedermi dove si trovano le cose che mi interessano
Un pulsante sempre visibile che permetta il ritorno all'inizio o alla dashboard trasmette un senso di rassicurazione, perchè non fa mai sentire perso l'utente e gli dà sempre la possibilità, per qualsiasi motivo, di fare un "reset" di ciò che stava facendo
Il processo di design deve iniziare identificando, analizzando, pensando ai bisogni di utenti reali, e non attorno al modo in cui il processo è ufficialmente allo stato attuale delle cose
Questi bisogni si analizzano dati alla mano, non facendo assunzioni
NB: ciò che gli utenti chiedono non è detto sia ciò di cui hanno bisogno
Il nostro sito/servizio dovrebbe fare solo e soltanto ciò che solo il nostro sito/servizio è in grado di fare
Se qualcun'altro lo fa già, linkiamolo
Fornire API è un buon modo per invitare altri a fornire servizi aggiuntivi basati sul nostro
Solitamente non partiamo mai da zero, ma da un servizio che ha già utenti e che ci permettono di imparare dal loro modo di fare reale
Il processo di prototipizzazione, sviluppo e rilascio è un ciclo continuo che produce dati dall'analisi "live" degli utenti: questi dati vanno tenuti in considerazione
Far sembrare qualcosa semplice è facile...
...non sempre
Far sembrare qualcosa semplice da usare è ben più difficile, soprattutto se il sistema sotteso è complesso...
ma ci dobbiamo riuscire. Punto.
Il miglior modo per creare un sito/servizio efficace è di iniziare dal piccolo e, per iterazioni successive, ingrandirsi
Dopo la release del "Minimum Viable Product", questo va testato con utenti reali, di modo che siano i loro feedback a portare alle versioni alpha, beta, ecc.
Un prodotto dovrebbe essere il più accessibile, comprensibile, leggibile possibile
Anche a costo di sacrificare l'eleganza
I nostri utenti non sono schermi, ma persone.
Che persone sono? Useranno il sito/servizio a casa, al lavoro, in macchina? Su che dispositivi (nuovi, vecchi, mobile)? Cosa sono abituati a usare (Facebook, Twitter...)? O forse sono utenti non abituati a usare un sito/servizio?
Il servizio che forniamo non si limita al sito in se'.
Dobbiamo tenere in mente l'ecosistema digitale in cui è inserito, e anche quello analogico
Quando possibile è bene usare lo stesso linguaggio e gli stessi patterns di design
E quando non è possibile, è bene cercare di mantenere comunque un approccio consinstente
Con i colleghi, con gli utenti, con il mondo intero:
ogni occasione è buona per condividere codice, design, idee, intenzioni, fallimenti
Storicamente il termine "architetto dell'informazione" è attribuito a Richard Saul Wurman
E' la struttura organizzativa logica e semantica delle informazioni, dei contenuti, dei processi e delle funzionalità di un sistema o un'applicazione informatica.
Comprende l'analisi, la scelta e la progettazione degli strumenti tecnici e culturali per l'organizzazione, la catalogazione, la ricerca, la navigazione e la presentazione di contenuti e dati nei vari formati disponibili (digitali e non).
Tutte le profumerie hanno per lo più il medesimo layout, con i profumi suddivisi generalmente per sesso e poi per marca: ma questo criterio soddisfa solo il cliente che sa già cosa vuole. Per gli altri, specie in presenza di un numero elevato di prodotti, questa organizzazione può tradursi in un vero e proprio paradosso della scelta.
L'obbiettivo di una profumeria è spingere a un acquisto che crei benessere personale permetta di esternare il proprio carattere.
Ma come aiutare l’utente a scegliere il giusto profumo per la sua personalità?
In un saggio del 2002 Marcia Bates offre una sintesi dei modelli comportamentali di ricerca dell’informazione (information seeking).
La quasi totalità (94%) del nostro bagaglio conoscitivo deriva quindi da una modalità passiva di acquisizione delle informazioni.
Vige cioè il principio del minimo sforzo
La profumeria soddisfa solo gli utenti che fanno "searching", facendo leva sulla "coerenza" della sua classificazione.
Il suo sistema di classificazione non è flessibile. Per esserlo dovrebbe soddisfare tutte le strategie (quella attive e quella passive; quelle consapevoli e quelle non), rispettando se possibile anche al coerenza; e se non è possibile rinunciando a quest’ultima.
È dimostrato che una scelta troppo vasta di prodotti crea una non-scelta: quello che Schwartz chiama appunto paradosso della scelta.
Individuiamo le "persone"
Individuiamo le "faccette"
Individuiamo la modalità di interazione
"Una immagine che spiega qualcosa"
EsempiCreo un grafico che connette le idee del cliente/utente
Chrome Web Lab, Science Museum, London
"Facile da usare", "con un facile accesso alle informazioni"
Puoi insegnare all'utente il modo migliore per usare il tuo software?
Puoi modellare il comportamento dell'utente per trarne il maggior profitto possibile per te, per lui o per entrambi?
Sono gli "standard", sono cose già ben collaudate e provate, che permettono di non reinventare ogni volta la ruota
E' il peso portato dal tuo brand, e che ti permette di instaurare un rapporto di fiducia con i tuoi utenti
L'architettura dell'informazione si focalizza sulle strutture.
Lo user experience design si concentra sulle emozioni
Le emozioni influenzano in ogni momento il nostro modo di agire e di pensare, condizionando il nostro comportamento. Qualunque cosa facciamo o pensiamo è permeata dalle emozioni, le quali sono inseparabili dal processo cognitivo. Le emozioni modificano anche il modo in cui ci occupiamo e ci relazioniamo con gli oggetti
E' un concetto centrale nella vita di tutti i giorni
Piramide dei bisogni di Maslow
Ruota delle emozioni di Robert Plutchik
Il design viscerale si basa completamente sull'impatto emotivo immediato. Deve offrire una buona sensazione, avere un aspetto gradevole" . E' a livello viscerale che il design deve diventare "caramella per l'occhio"
la progettazione grafica deve essere incentrata sull'utente in modo tale da evitare il manifestarsi di frustrazione e rabbia, causate di un design comportamentale mal concepito
Il design riflessivo è completamente legato al messaggio, alla cultura e al significato di un prodotto e del suo impiego. Questo tipo di design riguarda il ricordo ed è legato al prodotto e all'immagine di sé che questo trasmette.
In un esperimento agli inizi degli anni ’90 la psicologa Alice Isen, insieme ad alcuni colleghi, ha dimostrato che lo stato di contentezza espande i processi intellettivi e facilita il pensiero creativo: di fronte alla richiesta di risolvere problemi difficili che richiedevano un modo di pensare insolito, i soggetti reagivano meglio quando avevano appena ricevuto un piccolo dono, sufficiente a farli star bene.
Gli oggetti piacevoli permettono di lavorare meglio, rendono più semplice l'interazione e consentono di ottenere risultati più soddisfacenti.
Ciò è stato dimostrato dagli esperimenti di due scienziati giapponesi, Masaaki Kurosu e Kaori Kashimura, nel 1995 e riconfermato dallo scienziato israeliano Noam Tractinsky nel 1997.
Il processo è stato definito e descritto da diversi autori e persino da alcune norme ISO, come la 13407, Human-centered design process. Diverse fonti descrivono processi leggermente diversi, ma guidati dalla stessa filosofia: fondare il progetto sulle esigenze degli utenti.
La ISO 13407 stabilisce quattro attività principali per il processo di UCD:
Specificare il contesto d’uso Specificare i requisiti Creare delle soluzioni progettuali Valutare il designNella fase di analisi (1 e 2) tipicamente si compiono le seguenti attività:
Nella fase in cui si lavora alla creazione di soluzioni progettuali si usano i seguenti strumenti:
La valutazione avviene prima e durante l’implementazione vera e propria del sistema, attraverso:
Ricapitolando: i principi fondamentali della UCD sono:
Si veda anche http://www.w3.org/WAI/redesign/ucd
Flytoget platform at Oslo